Solo con un cane

Ho visto un uomo che parlava ad un cane. Ma non come normalmente si parla ad un cane. O meglio, non come me lo aspettassi io, che di cani non ne ho. Non gli diceva “vieni qui”, “stai buono”, “fai la cuccia”… o cose simili. Gli parlava. Sul viale parco, nel centro della città. Mentre tanta altra gente passava. Ma era come se non ci fosse stato nessuno. Erano vicini, ma tanto lontani. Ognuno con i suoi pensieri per la testa. L’uomo camminava davanti a me. Io dietro, sulle mie, pensavo dapprima che parlasse al telefono, con il vivavoce. E invece raccontava la sua vita. Al suo cane. Di come si era divertito in gioventù. Del lavoro, i figli. E ora che aveva una certa età, si sentiva solo. Lo diceva al suo cane. Come se fosse una persona, uno capace di consigliarlo, di dividere con lui quel peso. Io lo seguivo a pochi passi, ascoltando. Vergognandomi un po’, perché entravo nel suo privato. Nella vita di uno che non conosco. Uno che è uno. Solo. O meglio, ha il suo cane. Solo con un cane. Ed è allora che ho capito la drammaticità di quell’esistenza. Di chi ha un cane, solo lui, ad ascoltarlo. E ho capito quanto può essere importante. E quanto fallisca l’uomo, nel suo progresso. Che ci dà lo smartphone, che ci fa chattare con l’altro capo del mondo in tempo reale. Ma non ci fa più parlare con chi sta a pochi passi da noi. E allora ti resta il cane. Amico fedele. Ma che non può dirti “coglione, stai sbagliando”. Per questo ci vuole ancora un amico umano. Ad avercene. Ognuno con i suoi problemi… che forse sarebbero anche di meno, se se ne parlasse. Se qualcuno ti ascoltasse. Forse è meglio imparare ad abbaiare.