Jazz

La musica va, portandoti lontano con sé. Senti le note, come se ti avvolgessero. E intanto, dalla tua affollata scrivania, gli occhi si perdono attraverso i vetri della finestra. Nel blu vario del cielo. Si fa sera. Le nuvole più scure sembrano ombre di mandrie intere, che attraversano l’azzurro più tenue del cielo. E’ tutto dura qualche minuto. Poi le tenebre prendono il sopravvento. Le note scorrono, si accavallano. Come le onde del mare che piano si infrangono sugli scogli. E tu sei quella barchetta di pescatori, che le taglia per traverso, e gli spruzzi dell’acqua sulla prua sono i tuoi ricordi. Una goccia d’acqua per ogni pensiero che ti si addensa nella mente. Uno spruzzo è un anno intero di vita. E sono tanti. Ti lasci cullare dai suoni. Ricordando momenti belli e momenti brutti. Gioie, dolori, risate, sconfitte e vittorie. L’assolo di uno strumento è la fotografia che ti ritorna in mente, di quel giorno in cui hai raggiunto i tuoi sogni. Poi, sulle note, giorni felici e anche amari si susseguono. E non sai mai quale ricordo seguirà a quello che ora hai in testa. E’ solo jazz, quello che stai ascoltando. Maledetto jazz. Senza una trama, ti scorre davanti un pezzo della tua vita. Senza una logica. E forse è proprio così che l’hai vissuta. Senza una regola. Improvvisando. Ma c’è un altro modo di viverla? E’ solo jazz, e suona ancora. Nelle tue orecchie. Ma anche nella tua carne. Mentre le nuvole, attraverso la finestra, si sono dissolte nel buio della sera. Ti riporta alla realtà quell’acuto meraviglioso. Come quelli che ci sono anche nella vita, in mezzo a tante giornate piatte. Si vive per quei pochi, straordinari acuti che ti fanno sentire vivo. E così, finalmente, comprendi quella frase, di quel famoso film: “Domani è un altro giorno”. In attesa di un altro acuto. Proprio come nel jazz.

(Stavo ascoltando “An Italian Tale”, cd di Antonino Cicero e Luciano Troja)

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