La Calabria non finisce di stupire. Formalmente è una penisola nella penisola italiana. Ma di fatto è davvero un’isola. In quanto sembra sempre di più isolata e staccata dal resto del mondo. Adesso arriva anche questa notizia, che scuote le coscienze e sorprende. Tutti. Tranne chi in Calabria ci abita. Per chi abita la Calabria da sempre, è cosa nota. Sopita, però. Dimenticata. Ma nota. “Costretta a 13 anni a fidanzarsi con una persona molto più grande di lei per un accordo di ‘ndrangheta tra le famiglie Commisso e Coluccio”. Leggo questo sull’Ansa, che riporta una nota di Radio24. Una storia raccontata dalla giornalista Raffaella Calandra, che ha indagato su un aspetto socialmente inquietante della ‘ndrangheta: i matrimoni combinati. La vicenda emerge da atti d’inchiesta della Procura di Reggio Calabria. Da un decreto di fermo di 49 persone firmato dai pm Antonio de Bernardo e Paolo Sirleo, che lavorano a stretto contatto con il più noto Nicola Gratteri, da sempre magistrato anti ‘ndrangheta. Si parla di questi genitori della ragazzina, perchè di questo si tratta, che l’avrebbero costretta a “fidanzarsi”. Una ragazza schiavizzata, piegata ai voleri della “famiglia”. Che non desiderava altro che mantenere un solido legame con la cosca. “Nel 2015 in Calabria, secondo dati della Direzione Regionale del Ministero dell’Istruzione”, apprendiamo da Radio24, “sono stati 930 gli alunni che hanno interrotto la frequenza. E molte sono femmine”. E pensare che tutto è noto, fin dalla notte dei tempi, fin da quando si è cominciato a mormorare la parola “’ndrangheta”. Lo conferma anche chi opera in questo mondo fatto di tensioni, violenza, sospetti. Un uomo come Don Pino De Masi, parroco a Polistena, nel reggino, e referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro. “Ora sono diffuse soprattutto nei livelli bassi di ‘ndrangheta, ma un tempo lo erano molto di più. Ora i boss i figli li fanno studiare”, dice il sacerdote, che ha anche ricevuto, negli anni, molte minacce. Che non lo hanno certo piegato. Le spose-bambine, e i loro cosiddetti “genitori”, non esistono dunque solo in Africa. Le abbiamo anche noi. In Calabria. E, diciamocelo chiaramente, lo sapevamo. Ma vogliamo sempre far finta che non sia vero. Ci sono altri problemi, contingenti e anche sociali. Altre priorità. E poi, in fondo, ognuno ha famiglia. La sua. Per quelle degli altri… pazienza. Un giorno cambierà.