Una farfalla batte le ali a Pechino e a New York si scatena una tempesta: questa l’avrete certamente già sentita. Ma la farfalla lo sapeva? Lo poteva immaginare? Stava solo vivendo, lei, la farfalla. Era il bene. Per sé e per il suo ambiente naturale. Eppure ha fatto del male. Tanto. Lei svolazzava tranquilla, ignara che la sua piccola azione potesse provocare, tanto lontano da lei e dal suo mondo, quello sconquasso, con distruzioni, magari con morti e feriti. Ma fareste partire un’inchiesta per arrivare alla causa di tutto quel dolore? Cerchereste la piccola farfalla. E la condannereste? Facciamo un altro esempio: un medico che salva, al parto, un bimbo appena nato. Ma se poi, crescendo, quel bimbo ti diventa un pericoloso killer? E’ colpa del medico o del futuro killer? Colpa della società che ha cambiato un tenero bimbo, piano piano, trasformandolo in un assassino? Colpa dei suoi genitori, o della scuola? O dei suoi amici, la “cattiva compagnia”? Oppure è tutto un caso. E cos’è il caso? Quindi, il male dal male? O il male dal bene? Come lo chiamereste? E se la nascita di quel bimbo avesse comunque, provocato, al pari di un battito d’ali di una farfalla, una serie di azioni positive? Se vedendo l’accanimento di un medico per salvarlo, il suo collega si fosse commosso… e se questi, trasferito in un’altra città, avesse poi vissuto un episodio analogo, arrivando ad accanirsi, anche lui, per salvare un’altra persona. E se questa poi diventasse, in futuro, il leader di un grande movimento di liberazione dei deboli e degli oppressi? Non avrebbe allora, il primo medico, quello che ha salvato il futuro killer, poi fatto però, senza neanche saperlo, certamente una straordinaria azione di bene? Oltre ad aver salvato quella vita, di cui nulla lui poteva sapere, ha anche messo in moto una serie di eventi di portata, forse, mondiali. Il bene dal bene. O il bene dal male. E se quel killer, salvato alla nascita e poi cresciuto, invece, uccidendo una delle sue vittime, avesse anche colpito a morte, chissà come, proprio il padre di quell’altra persona, quella che poi sarebbe diventata il leader del grande movimento di liberazione dei deboli e degli oppressi? Chi, allora, anche pensando di fare solo il suo lavoro, può pensare di non aver fatto del male a qualcuno? Forse, pensando di fare solo del bene, e vivendo la sua vita da “giusto”, ha però fatto del male. E forse, chi ha fatto palesemente del male, può anche aver fatto del bene. Chi sono io per giudicare? Che visione ho io del mondo, nel suo complesso, per capire la portata di un evento? Per capire quanto sia buona o cattiva un’azione? Io posso solo vedere una porzione limitatissima della mia vita, perfino. E non capire tante cose che mi capitano. Non capire il presente. E non posso certo leggere il futuro. Potrei mai capire a cosa porteranno, davvero, le mie azioni? E allora: come devo vivere? Cosa giudico giusto e cosa sbagliato? E se non faccio una cosa, che mi sembra sbagliata, ma sembra più che giusta al mio collega di scrivania, chi sbaglia? Io che non la faccio, pur essendo pagato per farlo, o il mio collega, che è pagato come me e che però pensa di essere nel giusto, lui, perché sta facendo il suo dovere. E lo fa perché, con il suo lavoro, fa campare una famiglia. E se non lo faccio io, quel lavoro, metto a rischio la sua famiglia. La sua. E anche la mia. Quanto vale la mia coscienza? Dove mi devo fermare? E di più: come misuro il mio metro di giudizio, che va misurato anche lui? Ma, soprattutto, chi deve misurare il mio metro di giudizio? Le leggi? Sono solo convenzioni sociali. Il buonsenso? E’ solo soggettivo. Un “proboviro”? Ma ce ne sono? Quella farfalla svolazzante, voi la condannereste? E su quale basi decidereste? E se quelle ali non le avesse battute lei? Forse vi siete sbagliati anche su questo. Forse era la farfalla più in là, a battere le ali forte forte, quel giorno. Quindi? Io posso solo vivere. Stando attento a non fare troppi danni. Lavorando per me e per chi mi sta vicino. Facendo crescere, come posso, la mia piccola azienda, facendo sopravvivere, con il mio lavoro, anche i miei colleghi. E loro faranno lo stesso, ogni giorno. In buona fede. Ma chissà, pigiando sulla tastiera, in questo momento, di notte, se il mio tic tac ha svegliato qualcuno. Se qualcuno si è innervosito, alzandosi presto, uscendo con la macchina, provocando un incidente, uccidendo qualcuno… basta. Siamo interconnessi da prima che ci fosse internet. Ma non ci abbiamo fatto mai caso. Lo siamo nel bene e nel male. Senza saperlo. Chissà quanto bene ho fatto. E chissà quanto male… chissà quante volte mi sono sentito nel giusto, sbagliando. E quante volte mi sono sentito colpevole, ma ero un eroe. Vi auguro una buona giornata. In cui poter battere le vostre ali, nonostante tutto. E’ la vita. E a volte non è bella. Ma siamo condannati a viverla.