La signora Rosa mi ha aiutato. A svegliarmi. Nella notte del mio compleanno.

(scritto da me per QuiCosenza.it).

Le tre di notte. Hai appena chiuso occhio, dopo che te ne sei stato a pensare e ripensare su di te. Sul fatto che oggi compi gli anni. Sono 52. Mica pochi. Sei da solo, a casa tua. Non ti sei mai sposato. Non hai figli. E’ la tua vita. Questo volevi e questo hai. Hai speso il tuo tempo per te. Hai un lavoro. Che ti piace. E per questo ti ritieni fortunato. Non sei ricco. Non ti è mai interessato. Avere solo quello che puoi usare tutti i giorni: questa la tua filosofia di vita. Hai un po’ di amici. Con alcuni sei stato fino a qualche ora fa. A bere birra in un pub. Ma non avete neanche aspettato la mezzanotte per brindare. Rimandiamo a domani, che ti devi alzare presto. E’ meglio. Devi lavorare. Ma adesso hai gli occhi sbarrati. Non si dorme. La maledetta tosse che ti attanaglia da un mese continua a rompere. E intanto pensi. A quando festeggiavi i 20 anni. Magari i trenta. Poi ci furono i 40 e i 50. Cosa è cambiato? Qualche dolore in più. Ma hai la stessa testa di quando avevi 18 anni. La stessa testardaggine che ti spinge a fare sempre come dici tu. Hai voglia a dire che si cresce. Tanto non cambia nulla. Uno è ciò che è. E te ne stai a fissare il soffitto bianco, rimuginando questo e altro. Finalmente cominci ad appisolarti. Senti che quel torpore ti sta prendendo. Piano piano. Ti abbandoni, lentamente. Ti fai cullare. Sei semicosciente. Ti piace. I pensieri diventano più rotondi, più morbidi. Magari anche più chiari. Ti lascia, quella sottile angoscia che ti stava prendendo. Quella del “sto diventando vecchio, e cosa ho fatto nella vita?”. Ecco. Era questa la situazione. Quando il mio telefono, rigorosamente senza trillo, si illumina e… vibra! Cavolo. Proprio ora che mi stavo addormentando. Chi è adesso, ‘sto rompi…? Il numero non lo conosco. Qualche deficiente che mi deve fare gli auguri per primo, di notte? Ma lo avrei memorizzato. Forse è qualche poliziotto, o qualche carabiniere. Ci hai messo anni a crearti i contatti giusti. Ora, quando capita qualcosa di grave, c’è sempre qualcuno che ti chiama. E per fortuna. Hai voluto fare il giornalista? Questo è lo scotto che devi pagare. Sempre in piedi, sempre allerta. Ok, vibra, rispondo. “Pronto”, dico assonnato. Nessuna voce dall’altra parte. Visto? E’ qualche simpaticone che fa scherzi di notte. “Pronto”, ripeto, assonnato e mezzo rimbambito. La voce di una donna, dall’altra parte, risponde. “Sono Rosa. Ettore?”. “Ma quale Ettore”, dico io, un po’ incazzato, anche. “Hai sbagliato numero.”. E l’hai fatto alle tre di notte, accidenti… avrei voluto dirle. Ma lei continuava. “Sono Rosa, aiutatemi! Sto morendo”. Non ero certo sveglio, biascicavo le parole. Ma era chiaro: non era uno scherzo. Il tono non era quello di una persona che fingeva. Non sapevo chi fosse Rosa, ma la voce era davvero di una persona che aveva un problema. “Pregate la Madonna, sto morendo. Non posso fare nulla, non posso muovermi”. Io cercavo di connettere. Di capire. Di ragionare sul da farsi. “Chiama il 118”, le ho detto. E lei mi ha detto dov’era. In un paesino del centro Italia, dal nome per me sconosciuto. Non vi dirò qual è, ma ho controllato su internet: esiste davvero! “Io sono lontano, sono in Calabria, non posso fare niente. Resta al telefono, ti faccio telefonare da qualcuno, ma non fare niente”, le dico, mentre lei diceva solo “aiutatemi”. Non sapevo se chiudere o no, come cercare aiuto. Cosa si fa in questi casi? E, soprattutto, cosa fai se ti svegliano all’improvviso e senti che non hai chiara la situazione? Stai ancora dormendo… Chiudo, un po’ dispiaciuto, e chiamo subito il 118. Mi risponde quello di Cosenza, ovviamente. Mi presento, e cerco di raccontare tutta la vicenda, velocemente, dicendo che c’e’ una donna, a 500 km di distanza, che forse ha un problema grave. Che è certamente sola. L’operatrice del 118 è perfetta. Fa le domande giuste, rapida, efficiente. Io le do tutte le informazioni. Lei mi liquida e, immagino, chiama subito qualcuno nella zona che gli ho indicato. Rosa, non ti chiamo, per adesso. Sto sveglio tutta la notte, ma non voglio chiamare quel numero che è rimasto impresso sul mio telefono, che ho dato al 118. Aspetto domattina. Magari c’è qualcuno che deve contattarti e io occuperei la linea proprio nell’attimo esatto in cui tu potresti rispondergli. E salvarti. Ma chi sei, Rosa? Quanti anni hai? Solo adesso mi ricordo che posso riascoltare la tua telefonata. Il mio telefono è capace di registrare ogni telefonata che faccio, in automatico. Mi serve per il lavoro, per riascoltare con calma quello che mi dice chi mi chiama, chi mi da informazioni per un servizio. E riascolto tutto. E mi commuovo. Rosa, quale assurdo gioco del destino ti ha guidato la mano, nel comporre proprio il mio numero, in questa notte fredda e piovosa, affollata di pesanti pensieri? E quante persone sole, come te, ci sono in Italia, o nel mondo? Quante volte lasciamo sola una persona, distratti dal lavoro, dai mille impegni di ogni giorno. Chi è Ettore, tuo figlio? Penso a mia madre. Anche lei vive da sola. La chiamo due volte al giorno, almeno. Ma se avesse bisogno di qualcuno, di notte? Farebbe come Rosa? Farebbe un numero a caso, magari non vedendo bene le cifre? Mi si stringe il cuore. Mi si velano gli occhi di lacrime. Tutti i miei bei pensieri di filosofeggiante analisi della mia esistenza svaniscono. Ora sì che sono sveglio. Rosa, ti chiamo domattina. Io e te dobbiamo parlare. E, se ci riesco, ti vengo a trovare. Rosa, mi hai aiutato, questa notte. Sì, tu hai aiutato me. A capire che la vita non è solo per noi, che i bilanci li dobbiamo fare con gli altri. Insieme agli altri. Quelli fatti da soli non servono a nulla. Ti fanno stare sveglio, nella notte. Ma non ti spingono ad agire. Non ti fanno pensare a nessuno. Ti chiudono solo nel tuo egoismo. Grazie per aver fatto il mio numero, questa notte. Mi hai davvero arricchito, Rosa. Spero tu stia bene. E’ il più bel compleanno della mia vita. Anche se lo passerò a bere caffè, visto che non ho dormito. Ma, forse, ho dormito anche troppo, finora. E’ tempo di svegliarsi. E’ tempo di muoversi, per lasciare questo posto, come diceva qualcuno, migliore di come lo abbiamo trovato.

N.B.: poi l’ho chiamata, Rosa. Non mi ha risposto. Attraverso i carabinieri ho avuto un contatto con il 118 del luogo. Mi è stato confermato che è stata soccorsa. Rosa è un’ottantenne. Vive da sola. Ha un po’ di acciacchi, ma il suo più grande male è la solitudine. Nel suo paesino la conoscono tutti. La richiamerò, oggi e anche domani. Se sta bene lei, oggi starò bene anch’io. E un giorno, magari, andrò a trovarla.
Naturalmente, grazie al 118 e ai carabinieri.